I miei viandanti

mercoledì 27 ottobre 2010

Tempo di minestre



E' un periodo che ho voglia di cose morbide, vellutate, calde. Se c'è una cosa che mi piace dei mesi freddi, è proprio la varietà di piatti coccolosi, che riscaldano, come il purè, la minestrina, il the alle cinque di pomeriggio.

Soprattutto in queste serate fredde, non c'è niente di meglio di un bel brodo caldo, una minestra, o una zuppa. Due anni fa ne ho sperimentate parecchie, l'anno scorso quasi niente, chissà perchè. Eppure ci piacciono molto, con o senza pasta. Anche stavolta avevo voglia di qualcosa di minestroso, ma diverso dalla solita zuppa di fagioli che faccio solitamente.

Ho comprato un pezzo di zucca, attirata dal colore allegro e dal gusto dolce, e l'ho usata per fare questa minestra di latte e riso, riciclando anche un avanzo di cavolfiore lesso. Non so perchè, ma mentre il broccolo ripassato in padella mi piace molto, in un piatto di pasta, con le salsicce o anche da solo, il cavolfiore lesso mi fa un po' tristanzuolo. Dopo averne mangiato un po', comincia a girare per il frigorifero, alla ricerca di una collocazione migliore.

In questo caso ne era avanzato un po' dalla sera prima, e ce l'ho infilato in mezzo, spezzando il gusto broccoloso con la zucca e il latte.

Il resto della zucca l'ho messo dentro una semplice minestra di fagioli e patate, anche quella saporita e piacevolissima. Mi piacerebbe fare altre sperimentazione con questa cucurbitacea, che invero a casa mia si è sempre usata pochissimo, per non dire mai. Chissà, magari la prossima volta provo a farci una torta!

La ricetta di questa minestra l'ho presa dall'Enciclopedia della Cucina Italiana, stavolta con pochissime variazioni.

Minestra di Latte e Riso con Zucca e Cavolfiore

Per due persone, abbondante:

750 ml di latte
750 ml di acqua
450 grammi di zucca al netto
circa 200 grammi di cavolfiore lesso
un pezzetto di burro
parmigiano
100-120 grammi di riso

Tagliate la zucca a pezzetti, mettetela nella pentola con acqua e latte e fatela bollire dolcemente per circa 15-20 minuti, fino a che sarà tenera. Unite il cavolfiore lesso, salate.

Frullatela pochi secondi col mini pimer ad immersione (non deve essere del tutto frullata), poi riprendete il bollore e aggiungete il riso.

Fate bollire dolcemente circa 20 minuti ( o quando il riso sarà cotto), girandola ogni tanto per non farla attaccare. All'ultimo aggiungere il burro, mantecare, spegnere e farla riposare qualche minuto.

Servire con una bella spolverata di parmigiano grattugiato.

venerdì 22 ottobre 2010

Museo del Baile Flamenco, Siviglia


La mia passione per il Flamenco, ormai la conoscete bene, se frequentate questo blog da un po’ di tempo…ho studiato baile (non da professionista, ovviamente) per nove anni, facendo delle esperienze bellissime in varie scuole, ho ballato in tanti teatri e conosciuto tanta gente interessante. E’ una fase della mia vita che si è conclusa, vuoi per ragioni di tempo, di stanchezza, vuoi ragioni d’età!

Quando ho iniziato, lo ammetto, ho passato una fase di entusiasmo ossessivo durata qualche anno: anni in cui non ascoltavo che flamenco, andavo a vedere solo spettacoli di flamenco, mi allenavo davanti allo specchio, passavo ore a cucirmi gonne piene di volants, e ovviamente a parlare con persone fissate come me (ad esempio la mia amica Marta o il mio amico Marco Rosas, lui sì un vero talento naturale).

Molti miei amici hanno avuto occasione di  andare a Siviglia per fare stages di danza, e magari vedere spettacoli nei tablaos andalusi o madrileni…io purtroppo, nei miei giorni sivigliani, ho fatto di tutto tranne che vedere flamenco. Ero da sola, e girare a tarda sera da soli in una città straniera non è il massimo….sarà per la prossima volta! Ho visto tanti vestiti e tante scarpe, e questo già mi ha fatto rientrare nell’atmosfera colorata di quel mondo: passeggiando per Triana, oltre all’atmosfera inconfondibilmente andalusa, non è infrequente ascoltare le note cristalline di una bulerìa o di una sevillanas che rieccheggiano nei patios ombrosi.

Visto che ero qui, non potevo mancare però di vedere il Museo del Baile Flamenco, installato dalla famosissima bailaora Cristina Hoyos (di cui ricordo i film Carmen Story, Bodas de Sangre e L’amor Brujo, tutti con Antonio Gades) in un antico palazzo nel Barrio di Santa Cruz.

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Vi dico subito che, a differenza di tutti gli altri musei sivigliani, gratuiti, questo è l’unico che si paga per automantenersi, visto che non è un museo statale o comunale.
E’ piuttosto piccolo, ammetto che mi aspettavo qualcosa di più, di più grande e più esaustivo…la parte più interessante è forse la stanza iniziale, quella con lo schermo dove scorrono senza interruzioni vari filmati di coreografie dei vari balli anche se, se non siete esperti, difficilmente riuscirete a capire la differenza tra una bulerìa e un tango gitano, tra una alegrìa e una milonga.

Poi cominciano una serie di sale, tutte assolutamente buie (difficilissimo fare le fotografie in quella penombra, ma qualcosa sono riuscita a catturare comunque), con locandine, altri filmati e materiale di repertorio, ed una più grande dalla cui ombra densa emergono costumi di scena, oggetti d’epoca e specchi. L’insieme non è privo di una certa suggestione ma, per quanto riguarda i vestiti, se ne vedono di molto più belli nei negozi e negli spettacoli in generale…i vestiti da ballo e da feria possono essere stupendi e originali, oppure striminziti o kitch, si trova un po’ di tutto, anche se solitamente quelli usati per la danza sono più sobri e lineari rispetto a quelli indossati per le feste…diciamo che questi non mi hanno fatto impazzire.

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Questi sono i corridoi del museo, su cui sono affissi grandi pannelli in bianco e nero, fotografie e locandine dei grandi artisti del mondo flamenco e, ovviamente, foto di scena di Cristina Hoyos e dei suoi spettacoli.

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Una delle ultime stanze che ho visto contiene delle belle tele ad olio che ritraggono la bailaora: nella prima con la Bata de Cola (la gonna a strascico, usata solo dalle ballerine esperte), negli altri due è invece ritratta assieme ad Antonio Gades.

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E’ un piccolo museo, forse più pretenzioso nella forma che nella sostanza difficile da apprezzare, se proprio non siete degli aficionados.

Se volete approfondire,

Museo del Baile Flamenco

venerdì 15 ottobre 2010

Frolla al mais


Vorrei essere più costante, più produttiva (anche se già il termine produttiva implica un impegno, un fine, mentre in questo caso dovrebbe essere un piacere, e basta).

Ho tanti post che aspettano di essere sistemati, fotografie già pronte che aspettano solo di essere raccontate, ricette vecchie di mese, ricette recenti, tutto in un rimescolamento di stagioni, di idee, di esperimenti.
E' un periodo un po' così, comincio a fare tante cose, poi mi stanco presto, e allora si diluiscono nei giorni, rimando a tempo indeterminato. Quando faccio quello che mi sono prefissa, ne sono soddisfatta, ma spesso riesco a fare delle cose, e ne tralascio altre, trascinandomele dietro di giorno in giorno, con un lieve senso di colpa per il tempo perso, magari, davanti al computer o a guardare le mie serie televisive preferite (che sono poche, ma danno un'assuefazione veramente preoccupante per chi, come me, detesta la televisione).
Il tempo fuori dalla finestra, ancora caldo, ancora soleggiato, non corrisponde a quello che sento io: ho già fatto il cambio stagione, ormai mi sono rassegnata all'autunno, avrei quasi voglia di fresco, di pioggia, anche se poi penso che ci aspettano dei lunghi, lunghissimi mesi di buio e letargo invernale, e forse converrebbe godersi quest'autunno così dolce.

La vita si sta riassestando su binari normali, ma non ho molta voglia di uscire, non so perchè...

Certi giorni mi fa fatica anche alzarmi dal letto, altri giorni vengo presa da una smania di fare, di sistemare, di riporre e ricominciare...credo sia normale, sarà l'autunno, ogni cambio stagione è un riporre metaforico e un elaborazione del periodo che verrà.



Mi sto dedicando molto di più ai dolci che alle cose salate, per cui aspettatevi una serie infinita di dolci, perchè di salato sto combinando davvero molto poco, almeno, nulla di diverso dalla routine quotidiana.
Come sapete, ho un conto aperto con la pasta frolla.  Un po' perchè non mi piace molto pasticciare con la spianatoia, in parte perchè non amo lavorare il burro, insomma, non mi riesce facilissima.

Siccome però adoro le crostate, mi sono messa di buzzo buono ad imparare, e soprattutto a sperimentare varie ricette, in modo da trovare quella migliore.

Stavolta ho provato la farina di mais: ho la dispensa piena di barattoli con tanti tipi di farine che rischiano di invecchiare; ne avevo comprata un chilo di quella finissima l'inverno scorso, e l'ho usata poco o niente, allora ho provato ad aggiungerla alla frolla, e devo dire che il risultato non è stato male. Non ho avuto il coraggio di usare solo quella di mais, le ho mescolate in proporzione 2 a 1, magari la prossima volta provo ad usarne metà e metà. La frolla comunque è rimasta leggera, friabile, una buona alternativa alla frolla di sola farina 00, se avete della farina di mais da terminare, come nel mio caso.

Nelle ricette di frolla che sto utilizzando ultimamente, ho diminuito la quantità di burro per farla meno pesante, aggiunto un albume, una punta di lievito e un goccio di Strega. Inoltre, stendo sempre la frolla sulla carta forno e la metto nella teglia con tutta la carta, senza imburrarla.
Mi è avanzata un pezzetto di pasta con cui ho fatto una crostatina (anche questa sulla carta forno, così non impazzisco ad imburrare le formine), ma potete tranquillamente fare la base leggermente più alta, o più larga, e non vi avanzerà niente.

Le crostate sono buone con qualsiasi tipo di marmellata, ma a me piacciono in maniera particolare quelle asprigne, non molto dolci, per cui ci ho messo quella ai Frutti di Bosco.



Crostata al Mais, con Marmellata di Frutti di Bosco
Per una tortiera da crostate di 22 centimetri di base (25 centimetri di diametro massimo)

200 grammi farina 00
100 grammi farina mais finissima

3 tuorli e un albume (uova medio-piccole)

125 grammi burro morbido

150 grammi zucchero (anche meno, se la volete meno dolce)

Una punta di lievito

Mezzo cucchiaio strega

1 Vasetto di marmellata a piacere

Fare la fontana con le due farine mescolate insieme col lievito, quindi mettere al centro uova e zucchero e liquore.

Mescolare col burro morbido ed ipastare velocemente fino a formare un impasto liscio.

Mettere in frigorifero per almeno 30 minuti, coperto da pellicola per alimenti.

Stendere la frolla sulla carta forno, poco più grande delle dimensioni della teglia, e metterla con tutta la carta.
Stendervi sopra la marmellata, quindi ritagliare le strisce e disporle a graticola.

Ritagliare le strisce per chiudere il bordo e decorarle con i rebbi della forchetta.

Infornare sul terzo ripiano dal basso a 180 gradi per circa 45-50 minuti.

martedì 12 ottobre 2010

Il Parque Maria Luisa: la Plaza de America


Archiviata con un pizzico di delusione la Plaza de Espana, mi sono diretta verso l’imponente Plaza de America, che qualcuno definirebbe un po’ kitch, ma che conserva un suo fascino stravagante: una bella vasca di ninfee centrale contornata da splendide aiuole di rose grandi, dai petali carnosi, lievemente sfatte, e delimitata da un lato da il Padiglione reale (chiuso), mentre sui lati lunghi si riflettono nell’acqua due edifici singolari, sullo stile neogotico-neo mudejar della Plaza de Espana, molto in voga negli anni Venti.

domenica 10 ottobre 2010

Diario di Siviglia: il Parque Maria Luisa e la Plaza de Espana



E’ passato ormai qualche mese, dal mio viaggio a Siviglia, eppure devo ancora terminare il mio racconto…sembra, dal numero di fotografie e di post, che ci abbia passato qualche settimana, e invece sono stati solo sei giorni, ma molto molto intensi!

Ci sono dei luoghi che colpiscono l’immaginazione in maniera particolare, inaspettata, anche semplicemente visti su una guida turistica, luoghi che ti riprometti di vedere come primo impatto con la città: a Parigi il mio luogo simbolo, quello dove vado appena posate le valigie in albergo, è l’affaccio sul lungo Senna, un’emozione repentina che mi coglie ogni volta che arrivo nella mia città preferita. Mi addentro nei vicoletti del Marais fino ad affacciarmi sul lungofiume, in prossimità dell’Ile Saint Louis, mentre in lontananza svettano le guglie snelle di Notre Dame, sulla vicina Ile de la Cité, e capisco di essere veramente a Parigi; e subito dopo il bellissimo Parc Royal, ormai è quasi un rituale sedermi sulle panchine di metallo verde del giardino secentesco di Richelieu, sotto lo zampillo birichino della fontana centrale.

Il Parque Maria Luisa e la Plaza de Espana erano, assieme al Guadalquivir, la prima cosa che mi ero ripromessa di vedere, appena arrivata a Siviglia, complici anche delle fotografie bellissime su riviste e guide turistiche, che avevo rimirato a lungo, vagheggiando il momento in cui avrei visto davvero Siviglia.

Difatti, arrivata alle sei di pomeriggio in una Siviglia luminosissima, come fosse pieno giorno, ho disfatto brevemente le valigie, tirato fuori guida e macchina fotografica, e mi sono immessa entusiasticamente sull’Avenida Carlos , che costeggia il grande Parque Maria Luisa, il giardino più grande della città.

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